La leadership educativa del dirigente
Il dirigente come leader educativo e la ricerca della comunità
Ritrovare la mission originaria: alcune riflessioni e proposte
di Marco Orsi
Il dirigente scolastico dovrebbe esercitare
fondamentalmente una leadership
educativa, cosa che attualmente è ostacolata da vari problemi di struttura
e di cultura.
La piattezza organizzativa
Non esiste nell’istituto scolastico italiano
una struttura di responsabilità stabile.
Come si sa manca il middle – management, unico caso nel mondo. Difatti le scuole sono chiamate plessi, quasi fossero un’appendice
burocratica dell’istituto. In un ufficio
postale abbiamo il direttore, come un direttore c’è in un supermercato. In una stazione di polizia esiste un
commissario ed è il vice commissario che diventa poi commissario, non un
semplice agente. Nella scuola - plesso italiano non è così. Non ci sono responsabili
stabili, di carriera, e chiunque può diventare dirigente scolastico assumendo
una posizione di grande complessità, mai sperimentata prima.
L'impreparazione e la complessità
Ciò comporta
che il dirigente abbia in capo una mole di responsabilità troppo ampie, con una
preparazione sul campo non
adeguata. Addirittura attualmente è
dubbio se un può a tutti gli effetti essere sostituito da un vice (vicario o collaboratore). Da diverso tempo è stata attivata la figura
del reggente per gli istituti senza dirigente con un evidente peggioramento degli aspetti gestionali.
Si tratta di una situazione anomala a fronte di un grande incremento di
complessità che – come vari studi dimostrano – riguardano tutte le
organizzazioni pubbliche e private.
Insomma da una parte abbiamo l’aumento di complessità, dall’altro un
ruolo dirigenziale disfunzionale. Il tutto è peggiorato dalla situazione degli
uffici amministrativi dove spesso manca il personale o se c’è
è impreparato. Questa insomma è una ragione per cui la leadership educativa rischia sempre di
passare in secondo piano.
La comunità al posto del plesso
Ci sono poi
vincoli culturali. Il primo riguarda la
necessità di creare nelle scuole (i plessi) la comunità professionale. La
scuola è un’organizzazione retta da professionisti - i docenti - che si sentono autosufficienti. Questa cultura -
diciamo così isolazionista – è un serio ostacolo per lo scambio di pratiche, per
l’osservazione reciproca, per le didattiche condivise, per il feedback tra
colleghi. Ciò impedisce la crescita e l’apprendimento continuo per una
professione che invece necessiterebbe di aggiornamento continuo.
Inoltre gli istituti spesso sono costretti ad
avvalersi per le ormai numerose supplenze di personale che in molti casi non ha le
carte in regola dal punto di vista di esperienza e conoscenza, perché entra a far parte di graduatorie senza alcuna selezione. Il 4 passo
delle Linee – guida del movimento Senza
Zaino, che ha introdotto la visione dell’istituto-rete-di-scuole-comunità,
segna una prospettiva che va nella direzione, ancora poco esplorata di
superamento di questo stato di cose.
Semplicità, leggerezza e progettualità abnorme
Un altro
aspetto da affrontare è quello della semplificazione
dei processi organizzativi e didattici.
Molti autori e molte organizzazioni si stanno muovendo alla ricerca
dell’essenziale, di ciò che è leggero, della mission originaria, dell’attenzione alla semplicità. Le scuole
sembrano – al contrario – essere diventate il ricettacolo di un’innumerevole
serie di progetti, azioni, iniziative.
Il territorio stressa le classi e i docenti per partecipare a quella o a
quell’altra manifestazione, ad aderire al tale concorso o a talaltro percorso. Mille sono le sollecitazioni esterne che si
accumulano nei nostri PTOF rendendoli
talmente ampi da non risultare più leggibili.
Sono innumerevoli poi le esigenze educative,
beninteso tutte lecite, ma che ancora una volta si affastellano in modo
scomposto. Si tratta di affrontare il bullismo, educare alla parità di genere, sviluppare la
coscienza civile, educare alla salute, combattere le dipendenze da droghe,
alcool videogiochi, educare al gioco responsabile informando sulla dipendenza
dalle scommesse, attivare i percorsi di educazione sessuale, educare all’uso
dei social, predisporre percorsi per affrontare le forme di violenza
familiare e così via. Senza tener conto che solo
nella scuola di base le discipline di studio sono 13 o 14. Come creare una
coerenza, come non sottoporre il lavoro d’aula a questo continuo stress che
deconcentra e svia dall’essenziale? Come recuperare l'appello di eminenti studiosi come Howard Gardener verso i saperi essenziali?
Naturalmente
poi c’è il crescente numero di incombenze
ministeriali e istituzionali relative ad una crescente dose di monitoraggi, di reportistica, di pianificazioni (piano dell’offerta formativa, piani e
programmazioni didattiche, programma annuale, portfolio del dirigente, piano di miglioramento, piano
della formazione, piano delle ore di non insegnamento, piano di inclusione,
piano per la privacy e per la comunicazione, piani per la sicurezza e per la
trasparenza).
Alla ricerca dell'essenziale
Come
ritrovare l’essenziale? Indico una serie
di questioni da affrontare:
- essenzializzare il PTOF
- semplificare anche tramite un uso avanzato della tecnologia digitale il lavoro amministrativo e didattico e la pianificazione
- recuperare la prospettiva dei saperi essenziali
- uscire dalla logica premi / punizioni sia per quanto riguarda la cultura didattica che organizzativa, una cultura che insiste troppo sulle dimensioni del controllo e del risultato
- strutturare una gerarchia di servizio con una definizione di responsabilità per i vari ruoli, aumentando il grado di potere sin dai livelli di base.
- avere organigrammi di servizio per le scuole (plessi) intese come comunità
- puntare sulla organizzazione degli spazi e le dotazioni di strumenti come spinta gentile
- realizzare nella stanza docenti un community point
- rendere visibile l’apprendimento con raccolte dati che aiutino a prendere decisioni per riorientare il lavoro d’aula
- insistere sulla valutazione formativa e comprimere le attese su quella sommativa
- immaginare l’istituto come una rete di scuole comunità (plessi / sedi), con regolamenti, budget, calendari, piani propri che si riferiscono a linee di riferimento (norme quadro) a livello di istituto
- dotare l’istituto e le scuole (plessi) di semplici manuali con le principali procedure di lavoro
- attivare tutte le forme possibili di scambio di pratiche a livello orizzontale, sviluppando repository tattili e digitali, promuovendo workshop annuali e settimane di scambio
- sviluppare forme di onboarding (novizi) secondo l’approccio dell’artigiano: usare i modelli, svolgere tutoraggio, descrivere le pratiche e le procedure di azione, osservazione reciproca, uso di video - modelli
- essenzializzare e organizzare le riunioni tenendo conto della necessità di condividere le pratiche didattiche utili per il lavoro in aula
- sviluppare gli aspetti delle visite alle classi da parte del dirigente e dei suoi collaboratori, come momenti di vicinanza e di conoscenza, piuttosto che di controllo
- attivare una formazione continua che si avvalga dello scambio di pratiche, dell’osservazione reciproca, della simulazione in contesti reali, dell’uso di video, oltre che delle lezioni tradizionali (la spiegazione che è affiancata dalla dimostrazione)
- strutturare forme di partecipazione degli alunni in classe / sezione e a livello di scuola: sistema delle responsabilità (e consiglio dei bambini e dei ragazzi)
Come dice Fullan
gli insegnanti hanno bisogno di essere sostenuti sul come fare, e non guidati sul cosa fare e controllati sui risultati da ottenere. Abbiamo bisogno non di un’organizzazione di talenti ma di un’organizzazione di talento.
Se quanto detto è valido allora vanno ripensati i vari strumenti organizzativi: collegi, consigli, ore di non insegnamento, ore di programmazione, ecc, funzioni strumentali, collaboratori del DS, PTOF, Bonus di Merito, PDM e RAV, i vari piani ecc.
Se quanto detto è valido allora vanno ripensati i vari strumenti organizzativi: collegi, consigli, ore di non insegnamento, ore di programmazione, ecc, funzioni strumentali, collaboratori del DS, PTOF, Bonus di Merito, PDM e RAV, i vari piani ecc.
La metodica GAS può aiutarci in questo impegno di cambiamento.
GAS: una metodica di lavoro per la scuola
G - la guida dei documenti
un documento
guida se è semplice e indirizza l’azione (IPU)
un documento
guida se il documento semplice rimanda ad un documento di approfondimento
un documento
guida se si prevede A e S
A - L’aiuto
della visualizzazione semplicità e immediatezza, in secondo luogo
completezza
Si prevede la visibilità: vari modi di comunicazione visuale
S - spazi dove la documentazione e le IPU si
vedono / rintracciano
Oggetti / spazi
di raccolta / reperimento
Manuale della
scuola (che raccoglie le procedure e i processi)
Community Point
che coincide con la stanza docenti dove abbiamo il manuale cartaceo, digitale e
visualizzato (desktop del computer, pannello, raccoglitore)
Stanza del
dirigente (desktop del computer,
pannello, raccoglitore)
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