I voti e la dispersione


Dire bravo non serve e 

la dispersione scolastica

I dati sulla povertà educativa in Italia sono preoccupanti.  Nell'Atlante dell'infanzia a rischio di Save the Children presentato il 21 ottobre ci sono cifre che ci fanno preoccupare.  Dal 2009 al 2016 la spesa per istruzione, ricerca, università è passata dal 4,6 % al 3,6% del Prodotto Interno Lordo.  In Europa invece ci si attesta la 5%.


Anche la povertà assoluta è in aumento: dal 3,7% al 12,5%.  Preoccupa anche il fatto che 1 giovane su 7 abbandona gli studi precocemente.  Abbiamo in tasso di disperazione scolastica a livello nazionale del 14,5%.  E' troppo per un paese come l'Italia.

Ma non contano solo le risorse economiche.  La quantità è importante se però è collegata all'innalzamento della qualità della didattica, ad un differente modo di fare scuola. Nel libro Dire Bravo non Serve (Mondadori, 2017) mi soffermo sul fatto che troppo si insiste su una formazione legata ai premi e alle punizioni, alle lodi e alle reprimende.  L'uso del voto, l'enfasi sulla valutazione sommativa, sulla necessità di raggiungere i risultati in funzione di un riconoscimento esterno, mina in profondità l'esperienza formativa dei ragazzi e dei bambini.  Il riconoscimento esterno come mezzo per progredire, la motivazione estrinseca per andare avanti, alla fine impoverisce la didattica e fa sì che i ragazzi e i bambini studino per compiacere i grandi, non perché si appassionino davvero all'esplorazione del mondo. Dobbiamo in tutti i modi, invece,  alimentare la curiosità e il senso di responsabilità personale per la propria crescita.


Se ne parlerà al convegno di FLIPNET sabato 26 ottobre a Roma


I dati sulla povertà educativa.

Il convegno di Roma



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