Convegno ERICKSON 2018 Rimini 12-13 ottobre




Le mie riflessioni e il mio contributo


Ho assistito all'intervento di Carol Tomlinson, pedagogista che da tempo ispira la didattica di Senza Zaino per quanto riguarda la differenziazione dell'insegnamento (o istruzione differenziata).  La pedagogista americana ha ripreso molti temi e pratiche che SZ considera con attenzione.  Mi riferisco ad esempio alla necessità di sviluppare una conoscenza degli studenti relativamente al profilo di apprendimento, alle competenze possedute e agli interessi. Inoltre ha fatto riferimento alle didattiche che consentono di gestire la classe rispettando i tempi, i livelli, e le caratteristiche di ciascun allievo.

Il mio intervento si è svolto in modalità wall utilizzando padlet dinanzi ad una platea di circa 150 congressisti (alcuni  erano docenti SZ). Nell’intervento ho preso in considerazione alcuni ostacoli costituiti da trappole e miti. 

Ecco le trappole: dei risultati a tutti i costi, del giudizio e della valutazione, dell’attesa, del costruzionismo, dell’insegnamento a tutti i costi, della scuola-narciso, della “a scuola tutta una vita”, quelle dell’impegno massivo e della classe-platea.

Ecco i miti: il mito delle parole e del linguaggio verbale, il mito che dire bravo serva, quello della carta e del 2D, il mito dei miei alunni, dell’insegnamento a tutti i costi, della libertà di insegnamento, della scuola che prepara alla vita, il mito che la scuola non debba essere trasmissiva, della competenza senza l’autonomia, delle parti uguali tra uguali, il mito che la lezione frontale sia da evitare, il mito del lavoro in gruppo e quello della creatività come toccasana.

Le trappole sono situazioni in cui rimaniamo invischiati nonostante i migliori proponimenti.  I miti invece possono essere intesi come assunti di base, assiomi per loro natura indimostrabili, che si danno per scontati.  Sono rivestiti di un’aura di sacralità, per cui non vengono messi in discussione.  Si pensa che siano verità di per sé, ma a volte non aiutano.






Una riflessione di Flavia Zanchi  formatrice sz



Insegno ormai da molti anni nella scuola, questo però non è mai stato un alibi per "appendere le scarpette al chiodo". La formazione, la lettura di buoni libri, lo scambio di pratiche, l'incontro con altre persone è per me vitale come l'aria che respiro.Con questo spirito sono partita da Sondrio, con altre mie colleghe, alla volta di Rimini. Dopo un viaggio di circa 6 ore e un buon sonno, il congresso Erickson Didattiche 2018 ci attendeva.  Appena varcata la porta del palacongressi ho percepito la voglia di conoscere, di scegliere, di prendere posizione, di agire. I laboratori erano tantissimi, il ritmo frenetico, ma eccitante. 

Solo alla sera la stanchezza si faceva sentire, subito ricacciata davanti a un buon piatto di pesce e a quattro chiacchiere con le amiche. Occasione d'oro per confrontarsi su ciò che ognuna di noi aveva ascoltato o provato a fare.  Ho partecipato a sette laboratori e a due plenarie e da tutti sono riuscita a prendere qualcosa da mettere nel mio serbatoio interiore, un pieno di carburante fatto di parole, sguardi, esperienze, idee, incontri, scambi.  Ora resta da riflettere, da attivare quel flusso dell'intelligere che Daniela Lucangeli definisce "da fuori a dentro, da dentro a dentro e da dentro a fuori".
Le parole di Monica Guerra mi suonano come un mantra: "... la scuola ha bisogno di una tensione trasformativa costante; occorre abbandonare i modelli tradizionali prevalentemente trasmissivi a favore di una didattica capace di valorizzare l'AUTONOMIA e la RESPONSABILITÀ dei ragazzi."  Innovazione, differenziazione, collaborazione, comunità, metodologie, emozioni, valutazione, scelta, valore della persona: queste le parole a cui cerco di fare spazio nella valigia dopo 2 giorni intensi di confronto. Faccio fatica a chiuderla, ma stranamente la sento più leggera dell'andata!
Con una punta d'orgoglio ho appurato che il percorso che le scuole Senza Zaino stanno facendo è in linea con tutto ciò che la ricerca sta faticosamente portando avanti in tutto il mondo. Concludo con una frase posta in bella mostra all'ingresso del Convegno internazionale: "Come un tuffatore e una tuffatrice docenti e alunni di fronte all'innovazione devono scegliere di salire su uno scoglio, trovare la concentrazione e il coraggio di staccarsi da una base sicura per lanciarsi in un nuovo elemento e iniziare a nuotare".










Barbara Quaranta  - docente I.C. ThouarGonzaga, scuola Brunacci, MILANO


Tra le innumerevoli proposte del Convegno annuale 2018 Erickson “Didattiche”  ho scelta di partecipare al laboratorio dal titolo: Embodied cognition e scuola. Dalla progettazione didattica al design dei nuovi spazi educativi.    Immaginavo di poter conoscere qualche strumento di progettazione multimediale o qualche APP dedicata che potesse facilitare il sempre delicato tema dell’ottimizzazione degli spazi, magari da poter utilizzare con i bambini per condividerne la progettazione.  
Dopo una velocissima carrellata dei relatori, Prof. Gomez Paloma e Prof.ssa Damiani, sui principi neuroscientifici fondanti l'embodied cognition e le implicazioni psico-pedagogiche degli ambienti sull'apprendimento, siamo stati invitati a realizzare un progetto di tavolo (4 di circa 8/10 partecipanti).  Avevamo a disposizione una piantina con icone in scala 1:50 ed una scheda su cui annotare le attività progettate, l’organizzazione dello spazio, degli studenti, le finalità didattiche e le metodologie adottate.

Mossa dall'orgoglio di essere un’insegnante SZ, perciò già avvezza a questo esercizio, ho fatto presente ai relatori la mia appartenenza alla Comunità del SZ. I relatori hanno accolto benevolmente il mio intervento, dichiarando che la mia posizione era un privilegio poiché nei due giorni di laboratorio affrontato, per un totale di circa 120 persone, nessuno si era dichiarato parte integrante di un modello didattico innovativo per l’organizzazione degli ambienti educativi. Perciò mi hanno invitato a condividere la mia esperienza al tavolo di lavoro che era composto da docenti appartenenti ai diversi ordini di scuola, di cui uno docente di tecnologia e laureato in architettura.  

Ci siamo organizzati in questo modo, anche su richiesta dei colleghi: io ho raccontato una giornata tipo in una classe/ scuola SZ, mentre l’architetto disponeva le icone d’arredo. L’aula SZ si è composta quasi per magia. In relazione ai mini-laboratori ho fatto presente la sperimentazione di alcune delle nostre scuole in merito alle aule tematiche a righe e quadretti…fatto che ha suscitato l’interesse dei docenti e dirigenti delle scuole secondarie di secondo grado presenti che non ho mancato di indirizzare alla lettura del testo fondamentale per il modello “A scuola Senza zaino” .

Non ho scoperto una nuova APP, ma ho condiviso l’APPlicazione dell’embodied cognition che il modello SZ, grazie all’Approccio Globale al Curricolo, realizza ormai da quasi un ventennio dimostrandosi antesignano e sempre di grande attualità nell’attuazione dell’innovazione didattica.
Spero di essere stata una buona promoter per il SZ, di certo ho trasmesso l’entusiasmo che mi accompagna nell'operarvi.
                                                                                                                                        



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