LA SCUOLA DIVENTA COMUNITÀ CON UN LIBRO







Il dibattito su La Repubblica intorno alle prove INVALSI

La scuola diventa comunità grazie al libro



di Marco Orsi
dirigente scolastico e ideatore del movimento delle scuole Senza Zaino

La lingua e la povertà educativa

I recenti risultati nelle prove INVALSI dei nostri studenti non sono stati affatto brillanti, per cui si è aperto un dibattito quest’estate su molti quotidiani circa il futuro della scuola nel nostro Paese. Ho seguito, per parte mia, gli articoli che si sono susseguiti su Repubblica sviluppando le riflessioni che seguono.  La ricerca scientifica – dice giustamente Carofiglio nel suo intervento – mette in luce lo stretto rapporto esistente tra povertà linguistica e povertà educativa.  Quando l’uso polifonico della lingua è ridotto ai minimi termini, quando il lessico è involuto, quando le forme sintattiche vengono perse, siamo di fronte a contesti dove l’emarginazione, la devianza e finanche la violenza trovano terreno fertile.  Così i nostri ragazzi rischiano non solo di non comprendere un semplice testo, ma non ce la fanno nemmeno a dare un nome alle proprie emozioni, né ad appassionarsi all'esplorazione del mondo: viene meno quella vitale fecondità del dialogo interiore e, allo stesso tempo, quell'essenziale confronto con quel mondo fatto di esseri animati e di cose inanimate.  Senza le parole l’interno e l’esterno diventano minaccia da cui difendersi, per cui può esplodere una rabbia non riconosciuta, forme di autolesionismo, spinte violente verso se stessi, gli altri o le cose. 

La Parola che salva

Senza il potere espressivo e denotativo della lingua non sono immaginabili le strutture di capacitazione che, secondo Martha Nussbaum, sono le uniche in grado di elevare gli esseri umani. Tara Westover nel suo romanzo autobiografico L’Educazione - che racconta di un mondo familiare drammaticamente polarizzato tra amore e odio, concordia e sopruso - ci mette di fronte alla tragica sofferenza dovuta alla sua incapacità di dare un nome a cose e ad eventi. Per cui ella non trovava in sé la forza di un distanziamento, il coraggio di rompere quei legami dannosi.  Di contro illustra con vigore la forza liberante derivata dalla conquista, che poi avvenne, della Parola, che si fa anche perdono. Una resurrezione di corpo e di anima che ricorda laicamente il vangelo di Giovanni dove si dichiara che finalmente il Verbo si è fatto Carne.  Ed ecco che ci appaiono illuminanti le riflessioni fatte nel suo articolo da Massimo Recalcati: “Le parole portano con sé la Legge dell’uomo; sono luce, apertura, orizzonte, casa. Se la scuola non recupererà la forza della parola e la sua Legge, essa resterà mutilata nel suo fondamento”.  Ma allora cosa fare?  Come orientare in modo solido ed efficace i percorsi formativi?

La Parola dei Linguaggi

Non solo in Italia, ma anche in altre parti del mondo c’è l’abitudine – pare poco opportuna - di utilizzare eserciziari, anche per la lingua, al fine di preparare gli alunni ai test nazionali INVALSI, con la presunzione che siano strumenti abilitanti. E tuttavia non è in questo modo meccanico che possiamo immaginare di accendere nei bambini e nei ragazzi la passione per la Parola. È una passione, questa, che te l’altro non può essere inglobata in una disciplina o demandata ad un docente che magari insegna italiano. La Parola coinvolge la comunità professionale nel suo complesso, facendosi carne viva della scuola stessa. E la Parola non è solo linguaggio alfabetico.  Dunque bisogna evitare questa deriva restrittiva tipica anche delle nostre scuole che, a conti fatti, non sembra dare i risultati attesi poiché, malgrado le buone intenzioni, deprime proprio il senso della Parola e la bellezza del Linguaggio e dei Linguaggi.   È emblematico il fatto che diversi autori mettano l’accento sulla necessità di costruire un curricolo ricco e significativo, pieno delle parole che attingono ai numerosi linguaggi che la persona umana, nel corso dello sviluppo della civiltà, si è data. 

Lynne Munson - che si è occupata della riforma del curricolo negli Usa ed è famosa per i suoi interventi su testate tra cui il New York Times - cita un’indagine dove viene messo in rilevo, che in quasi tutte nelle scuole più performanti del pianeta non ci si concentra solo sulle discipline ritenute dominanti come la matematica e le lingua oggetto quasi esclusivo delle rilevazioni.  Tali scuole invece esaltano lo studio delle arti come la musica, la scultura, la pittura, della letteratura inclusa la poesia, mettono al centro la storia e la geografia, si preoccupano dell’educazione civica e della cura delle relazioni, propongono lo studio delle lingue straniere e della cultura che ad esse soggiace. È il caso – per citarne alcune – delle scuole di Hong Kong, della Finlandia, di quelle dell’Ontario in Canada, delle scuole Giapponesi e della Corea del Sud. Insomma i Linguaggi diventano Parola e la Parola Linguaggi.

Il libro che crea comunità

A diverse scuole della rete Senza Zaino nel nostro Paese, ho proposto di guardare meno all'apprendimento della lingua e più all'appassionamento per il Libro come oggetto dove la Parola si esprime in modo compiuto e significativo.  Non solo. Ma il libro diventa ponte tra la dimensione interiore e quella esteriore di cui dicevamo, un’ancora di salvataggio che ci umanizza e, nello stesso tempo, un ponte tra le discipline di studio, che oggi sono impartite in modo troppo segmentato, balcanizzato.

Ho chiesto a queste scuole di adottare un libro legato ad un personaggio e a un tema significativo.  Ad esempio il personaggio scelto da una scuola dell’infanzia è stato Antoine de Saint-Exupéry, il libro il Piccolo Principe, il tema l’amicizia.  In una scuola primaria invece il personaggio è quello di August, protagonista di Wonder, il tema la diversità.  Nella scuola media l’astronauta Paolo Nespoli con il suo libro Dall’alto i problemi sembrano piccoli, il tema l’uomo sulla Luna. Ho chiesto a tutti di impegnarsi a leggere quel libro. Tutti, non solo i ragazzi e i bambini, ma anche gli insegnanti e anche quelli che insegnano musica o matematica, tecnologia o arte.  Tutti impegnati a leggere. Anche i genitori.  Insomma mi pare che così possa crescere una comunità, una comunità attorno ad un libro che definisce un gesto forte di appartenenza, perché allora si dota della potenza della Parola.  

Un libro che accomuna – si capisce - è qualcosa di straordinario, non un mero strumento per i test di valutazione.  Esso si fa identità riconosciuta, anche tramite una bacheca dove ognuno - sia alunno, genitore o docente - può apporre la sua recensione ed esprimere le proprie emozioni. Un libro, dicevo, come occasione per approfondimenti multidisciplinari, favorendo la fattiva collaborazione tra gli insegnanti: i viaggi di Nespoli sono spunti scientifici per esplorare il mondo delle stelle e dell’astrofisica, per leggere i libri di Verne, per scoprire le vene poetiche di grandi autori; il Piccolo Principe apre ai linguaggi del disegno e delle arti in genere e della cura delle relazioni; Wonder diventa una grande sollecitazione per affrontare con coraggio le questioni sociali della diversità, dell’immigrazione, delle culture, sconfinando nella geografia, nella statistica e nella demografia, nella storia e - di nuovo - nella poesia.

L'entusiasmo e l'impegno

Eraldo Affinati nel suo intervento instilla il dubbio se per caso non “fossimo di fronte a uno scarto ormai insostenibile fra il modo in cui noi docenti spieghiamo e i nostri studenti apprendono. Se non potessimo conoscere sino in fondo la vera personalità degli adolescenti continuando a utilizzare il vecchio cliché del secolo scorso…” Mi domando allora perché non riusciamo a far tesoro, per stare solo a casa nostra, di illustri educatori come Maria Montessori, Ernesto Codignola, Loris Malaguzzi, Mario Lodi, Bruno Munari o don Lorenzo Milani.  Anche attingendo a queste grandi idealità pedagogiche, possiamo trovare le forme più adatte a queste ragazze e ragazzi e a queste bambine e bambini, per entusiasmare e coinvolgere, senza peraltro abolire impegno e fatica, senso del dovere e dedizione, rispetto per l’autorità e responsabilità per gli altri. Lo so, non ci sono ricette belle e pronte, e queste sono solo indicazioni che forse potrebbero far sì che la Parola e i Linguaggi - appartenendo non solo al singolo ma a un’intera comunità scolastica - diventino davvero quello strumento di liberazione che dice, appunto,  della nostra civiltà e della sua umanizzazione.




M. Recalcati, Insegnanti non scendete dalla cattedra, in La Repubblica del 2019-07-24
E. Affinati, Sono in ritardo i ragazzi o la scuola?  in La Repubblica del 2019-07-14
G. Carofiglio, Perché il potere ha tolto le parole ai nostri ragazzi, in La Repubblica del 2019-07-13
L. Munson, What Students Really Need to Learn, in Educational Leadership, 2011, Volume 68, Number 6, Alexandria, VA. Pages 10-14
T. Westover, L’Educazione, Milano, Feltrinelli




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