Il giorno della memoria e il sistema delle responsabilità

Nel giorno della memoria vi invito a ricordare il pensiero e le gesta di un coraggioso e idealista medico ed educatore polacco Janusz Korczak[1].  Nel 1942, insieme ai suoi 200 bambini e ragazzi, dovette salire su uno di quei terribili vagoni della morte diretti ai campi di sterminio. Erano ebrei e morirono tutti a Treblinka.  Eppure il sogno di Korczak sopravvive ancora oggi.  Ci sono i suoi scritti, le testimonianze che raccontano delle scuole che aveva fondato e diretto sulla scorta delle suggestioni di Pestalozzi, Dewey, Decroly e Montessori, c’è il film del grande regista polacco Andrzej Wajda che racconta la sua storia[2]. 


Korczak aveva chiaro il senso del rispetto che l’adulto doveva al bambino e al ragazzo e rigettava l’idea di una giovinezza da considerare come tempo di transito, tempo incompleto, senza un valore in sé, in quanto solamente preparatorio per una lontana vita futura.  Egli coglie tutti i limiti di una scuola impostata sulla Grande Attesa: un tempo dal significato debole, poiché abitato da soggetti, gli alunni, ancora incompiuti, manchevoli di risorse cognitive ed umane.  Per tale ragione organizza le sue scuole con un vero e proprio Sistema delle Responsabilità basato sulla convinzione che i bambini e i ragazzi dovessero sviluppare atteggiamenti di indipendenza, autonomia, responsabilità e collaborazione.

Nelle sue scuole gli alunni dovevano svolgere vari servizi per la cura e il mantenimento dell’ambiente secondo turni stabiliti; nelle attività di studio i più grandi dovevano aiutare i più piccoli: a 10 anni si poteva diventare monitore e a 14 responsabile del personale.  Ai nuovi arrivati veniva affidato un tutor che aveva il compito di affiancamento e di sostegno per l’inserimento nella scuola. Di particolare importanza l’istituzione del Tribunale dei Pari composto solo da studenti (mentre un insegnante faceva da segretario) che si occupava di far rispettare le leggi e di comminare le eventuali pene, anche se l’impostazione di fondo si basava sul valore del perdono. C’era, infine, il Parlamento dei Bambini composto da 20 alunni eletti tra quelli che venivano riconosciuti come meritevoli.


Insomma un vero e proprio Sistema delle Responsabilità che vedeva la scuola come scuola di vita e non semplicemente quale luogo dove l’attenzione viene riposta solo sull’insegnamento delle discipline di studio, sulla suddivisione e non comunicazione tra alunni di età diverse, su orari rigidi scanditi da campanelle, su un’organizzazione progettata e gestita esclusivamente da adulti. Quel sistema delle responsabilità ideato da Janusz Korczak ancora è di attualità perché aiuta tutti, docenti e alunni, ad acquisire gli abiti democratici, il senso della partecipazione, lo sviluppo della capacità di aiutare gli altri. È la visione di una società solidale, che già a scuola dovrebbe prendere forma.  Una visione che sperimenta forme di gerarchia di servizio[3]e non di potere, nel riconoscimento dei ruoli, delle funzioni, delle capacità di ciascuno e, di conseguenza, delle forme di autorità e di leadership democratiche.  Queste, per l'appunto, sono le forme di mediazione e rappresentanza che, nella società di oggi, sono messe in discussione cosicché la gente non si fida più degli insegnanti come dei medici, degli avvocati come dei dirigenti comunali, dei sindaci come dei parlamentari.  Infatti nella Rete ognuno suppone di trovare risposte e conoscenze: tutti siamo presi da un falso egualitarismo che rischia di spazzare via le competenze e la responsabilità per gli altri[4].

Il sistema delle responsabilità, che è una delle caratteristiche dell’esperienza del movimento Senza Zaino[5], deve svilupparsi maggiormente attingendo a questa straordinaria esperienza. Si tratta di partire, dalla base, vale a dire dalla gestione della classe e della sezione rendendole partecipate e condivisa, arrivando poi ad immaginare una scuola (il plesso) dove già nelle attività di studio i grandi aiutano i più piccoli, dove prendono corpo iniziative di tutoraggio e dove è presente un organismo di rappresentanza come un Consiglio dei Bambini e dei Ragazzi di cui potrebbero far parte anche docenti e genitori, dove si progetta e si prendono decisioni.

 Ecco che in tal modo si creano le basi per una scuola – comunità che abbandona la fredda e burocratica nozione di plesso, disegnando la prospettiva di un istituto – rete-di-scuole-comunità. Il Consiglio comunale dei Ragazzi - promosso da Comuni come quello di Lucca - acquista così un significato più pieno, perché basato su un movimento di partecipazione e di condivisione che, a ritroso, trova il suo fondamento nella gestione della classe e della scuola.

Voglio ricordare che le Competenze di Cittadinanza che l’Europa ci ha riproposto nella formulazione del maggio 2018, vanno proprio in questa direzione.  Allora nel Giorno della Memoria, domenica 27 gennaio, possiamo non solo ricordare quanto di terribile è successo, ma anche prendere le mosse per disegnare il futuro delle nostre scuole sull’esempio di questo medico e educatore polacco la cui voce deve continuare a farsi sentire.


[1] Gemma Errico ha scritto un bell’articolo che presenta la figura di Korczak si veda:  http://rivista.scuolaiad.it/n11-2016/il-progetto-educativo-di-janusz-korczak-uneducazione-alla-resilienza 
[2] È possibile vedere un tralier a https://www.youtube.com/watch?v=ZdLgxY9hyAc.  Il film intero è disponibile solo in polacco. 
[3] In Italia abbiamo un’esperienza simile nei primi decenni del ‘900 portata aventi da Marco Agosti. Cfr. Scaglia E. (2016). Marco Agosti. Brescia: La Scuola. 
[4] Alessandro Baricco ha affrontato il tema della crisi delle mediazioni nel libro The Game, Torino: Einaudi (2018) e in un recente articolo su La Repubblica del 11.01.2019 così si esprime: “Tutti i device digitali che usiamo quotidianamente hanno alcuni tratti genetici comuni […]. Uno di questi tratti è decisamente libertario: polverizzare il potere e distribuirlo a tutti. Tipico esempio: mettere un computer sulla scrivania di tutti gli umani. Potendo, nelle tasche di ogni umano. […] Oggi, con uno smartphone in mano, la gente può fare, tra le altre cose, queste quattro mosse: accedere a tutte le informazioni del mondo, comunicare con chiunque, esprimere le proprie opinioni davanti a platee immense, esporre oggetti (foto, racconti, quello che vuole) in cui ha posato la propria idea di bellezza”. 
[5] Si veda Orsi M., Merotoi G., Natali C. & Orsi M.B. (2016). A scuola senza zaino. Trento: Erickson.

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