Un bambino nato oggi e lo zaino
Un bambino nato oggi e lo zaino
Riflessioni
attorno al libro di Youval Noah Harari docente di storia alla Hebrew University
di Gerusalemme 21 lezioni per il 21° secolo, Bompiani (2018)
di Marco Orsi - Settembre 2018
“Un bambino nato oggi - sarà trentenne nel 2050. Se tutto
andrà bene, quel bambino potrebbe anche essere un cittadino attivo del XXII
secolo. Cosa dovremmo insegnare a quel bambino per aiutarlo a sopravvivere e
prosperare nel mondo del 2050 o del 22 °secolo? Di quale tipo di competenze
avrà bisogno per trovare un lavoro, capire cosa sta accadendo intorno a sé e
navigare nel labirinto della vita?” Sono
queste le domande cruciali che - Youval
Noah Harari docente di storia alla Hebrew University di Gerusalemme – si pone nel suo libro 21
lezioni per il 21° secolo uscito quest’anno per i tipi di Bompiani.
Il 2050 e il 2100…
Chi può dire come sarà il mondo nel 2050? Per non dire nel
2100, quando quel bambino avrà 60 anni e sarà ancora giovane, perché le
aspettative di vita arriveranno a 100? Qualcuno può prevedere come sarà un
paese come la Cina nel 2050? Non so se
ci rendiamo conto che l’’Africa sta diventando un continente emergente e molti
Paesi che fanno parte di quel continente mostrano una dinamicità che ai più
sfugge poiché siamo prigionieri dell’etichetta del sottosviluppo. L’Europa sembra difendersi dall’Africa mentre
la Cina vi ha investito recentemente 60 miliardi di dollari perché ha intuito
le potenzialità di un mercato in espansione.
Harari ci fa riflettere sul fatto che magari la scuola si
impegna ad insegnare l’inglese o lo spagnolo e che tuttavia quando i ragazzi
saranno adulti un’app di Google potrà consentire a tutti di gestire una
conversazione fluente tra un italiano e un tedesco, o tra un giapponese e un
arabo. Quindi imparare le lingue
straniere sarà meno importante. Del
resto non è successo così con le tabelline o con i calcoli aritmetici? Gli
adulti ormai si affidano, e da tempo, a calcolatrici o a fogli di excel. Insomma c’è il pericolo che tante cose che i
bambini impareranno oggi saranno irrilevanti solo tra 30 anni.
Le nozioni e le informazioni che ci travolgono
Il problema – sottolinea Harari – è che molte scuole in
tutto il mondo sono focalizzate sul riempire letteralmente di nozioni le teste
degli alunni. Si pensi solo alle discipline
di studio che si accavallano, alla quantità di informazioni che si vogliono
fornire, agli innumerevoli progetti educativi di tutti i tipi che affollano i
Piani dell’Offerta Formativa e non solo quelli delle scuole italiane, allo
straboccante numero di eventi proposti. Per non dire della quantità di pagine
di libri di testo che appesantiscono zaini sempre più ricolmi, per cui le
rotelle diventano d’obbligo. Ma se
nozioni, dati e informazioni costituivano il bene prezioso per la scuola di 30
– 50 anni, fa ora questo non è più vero.
Non solo, ma la formazione, e non solo quella scolastica, costituita dal
modello del docente che tiene corsi, sessioni, laboratori rivolti a una platea
più o meno ampia di giovani o aduli, rischia l’irrilevanza. Si pensi che in un qualsiasi villaggio
dell’India o in una piccola città del Messico, qualsiasi giovane può con il suo
smartphone, informarsi su Wikipedia, seguire su Youtube una TED conference,
prendere parte a corsi gratuiti su qualunque argomento. Qualcuno meno giovane può
attivare una scuola Montessoriana - e perché no anche Senza Zaino - semplicemente
documentandosi in rete (con video, immagini, corsi e documenti scritti), altri
costruire una stampante 3D, altri ancora diventare esperti di lapbook. Il tutto senza frequentare e pagare corsi. I
migranti che vengono in Italia magari sanno l’inglese o il francese (a volte
meglio dei nostri studenti), ma di certo non si sono pagati corsi a Wall
Street. L’apprendimento e l’informazione tracima massicciamente l’alveo, ormai
ristretto, del percorso scolastico e formativo e destruttura il modello docente –
corsista chiuso dentro un’aula. La
conoscenza del mondo è a portata di click e lo stesso concetto di competenza si
va ristrutturando. Ricordo l’esperimento
di Sugata Mitra che inserì – ormai diversi anni fa - alcuni computer dentro i
muri di poveri villaggi indiani. Lo
schermo era touch e dopo qualche mese
i bambini che non frequentavano scuole avevano imparato un sacco di cose, senza
aule e senza insegnanti.
Noi, come i nostri ragazzi e bambini, siamo inondati da un
profluvio di dati, stimoli di ogni genere e informazioni. Il tutto quotidianamente, attraverso tv, libri,
riviste, smartphone. Ma anche tramite una mobilità spinta che ci consente il viaggio in auto, con gli aerei low cost, ci offre servizi come Blablacar, il car sharing o Mobike. È allora proprio necessario che la
scuola contribuisca a questa che letteralmente è un’inondazione, che fa
annaspare le persone e le rende instabili e insicure, o diversamente le è chiesto
di ridefinire il suo ruolo, di riposizionare il suo intervento?
La questione è piuttosto fornire l’abilità a dare un senso
alle informazioni, aiutare le persone a discernere tra quelle vere, importanti,
utili e quelle false, futili, ridondanti.
Si tratta di offrire una mano per mettere ordine, organizzare il sapere,
disboscare la ridondanza, andare all’essenziale. Occorre un sostegno per gli
innumerevoli bit di dati, alimentando
un più ampio quadro di significato del mondo.
Occorre aiutare i giovani a gestire la pressione del profluvio di dati, trovando
lo spazio del silenzio, del mettere tra parentesi, del sapersi astenere dal controllo
compulsivo delle notifiche.
Il docente, il corsista e l’aula: una struttura obsoleta?
Viceversa gli insegnanti “Hanno dato per scontato che fino a
quando verranno forniti agli studenti molti dati e un minimo di libertà, gli
studenti creeranno da soli una propria immagine del mondo”. Ma non ci si accorge che è il disorientamento
che emerge, l’instabilità che si esprime, nelle sue punte avanzate, con i disturbi
di comportamento tipo ADHD, che ormai fanno capolino in molte classi
scolastiche. Ma se questa generazione
non riesce ad elaborare una visione completa del cosmo, il futuro della vita verrà
deciso a caso. Ecco che “Molti esperti di
formazione sostengono che le scuole dovrebbero passare all'insegnamento delle
"quattro C" - pensiero critico, comunicazione, collaborazione e
creatività. Più in generale, credono, che le scuole dovrebbero minimizzare le
abilità tecniche e enfatizzare le capacità di vita sociale. La più importante
di tutte è la capacità di affrontare il cambiamento, imparare cose nuove e
preservare il proprio equilibrio mentale in situazioni non familiari. Per stare
al passo con il mondo del 2050, si dovrà fare di più che inventare
semplicemente nuove idee e prodotti, si dovrà soprattutto reinventarsi ancora e
ancora di più”.
I grandi progressi delle neuroscienze, dell’intelligenza
artificiale, della ingegneria genetica, la capacità enorme di attori
multinazionali come i motori di ricerca del tipo di Google o i grandi portali
di vendita come Amazon o Alì Babà, i servizi tipo Blablacar, Uber o Airbnb –
per dire solo di alcuni più conosciuti - si basano su algoritmi che in questo
momento ci stanno guardando. “Guardano dove vai, cosa compri, chi incontri.
Presto controlleranno tutti i tuoi passi, tutti i tuoi respiri, tutti i battiti
del tuo cuore. Si affidano ai Big Data e all'apprendimento automatico per
conoscerti sempre meglio. E una volta che questi algoritmi ti conoscono meglio
di quanto tu sappia, possono controllarti e manipolarti, e non sarai in grado
di fare molto al riguardo. Vivrai in una matrice, o in un Truman Show. Alla fine, è una semplice questione empirica: se gli
algoritmi effettivamente capiscono cosa sta succedendo dentro di te meglio di
quanto tu capisca da solo, l'autorità si sposterà su di loro”. Quali sono allora le strade? Cosa è possibile fare? Quale sfida dobbiamo cogliere? Certamente il tema dell’autocontrollo diventa
fondamentale, come fondamentale sarà individuare un nuovo modello di scuola.
Harari riecheggia, forse senza saperlo, le critiche di John
Dewey di fine ‘800: “La rivoluzione industriale ci ha tramandato la teoria
della linea di produzione dell'istruzione. Nel centro della città, c'è un
grande edificio in cemento diviso in molte stanze identiche, ciascuna dotata di
file di banchi e sedie. Al suono di una campana, vai in una di queste stanze
insieme ad altri 30 bambini che sono nati tutti lo stesso anno tuo. Ogni ora un
diverso adulto entra e inizia a parlare. Gli adulti sono tutti pagati per farlo
dal governo. Uno di loro ti parla della forma della terra, un altro ti parla
del passato umano e un terzo ti parla del corpo umano. È facile ridere di
questo modello, e quasi tutti sono d'accordo sul fatto che, a prescindere dalle
sue conquiste passate, ora è in bancarotta. Ma finora non abbiamo creato
un'alternativa valida”.
Togli lo zaino e metti ordine nella tua vita
Essere padroni della propria vita, cogliere prima di chi in
qualche modo ci spia, il nostro essere profondo, avere la capacità di fondare
noi stessi una propria stabilità, saper scegliere una direzione, nutrire la
consapevolezza di poggiare bene i piedi per terra, sono questi gli aspetti di
un percorso educativo che difficilmente può ridursi al tradizionale modello
dell’aula. In una parola dobbiamo immaginare un accompagnamento, di cui in
parte potrebbe farsi carico la scuola, verso stimolando nei giovani l’assunzione
di responsabilità, la capacità di andare all’essenziale delle cose, la
competenza di elaborare sintesi e visioni, di fare silenzio introno e dentro. “Certo,
potresti essere perfettamente felice di cedere ogni autorità agli algoritmi e
fidarti di loro per decidere le cose per te e per il resto del mondo. Se è
così, rilassati e goditi il viaggio – dice provocatoriamente Harari. Non devi
fare nulla al riguardo. Gli algoritmi si prenderanno cura di tutto. Se,
tuttavia, vuoi mantenere un certo controllo sulla tua esistenza personale e sul
futuro della vita, devi correre più veloce degli algoritmi, più veloce di
Amazon e del governo, e conoscere te stesso prima che lo facciano gli altri”. L’instabilità delle classi scolastiche,
l’emergere dei disturbi di comportamento, il disagio degli insegnanti alle
prese con una generazione letteralmente bombardata da stimoli grandemente
ridondati, rendono il modello scuola attuale inadeguato. Come uscirne?
Harari ci dice che è necessario andare all’essenziale. Occorre semplificare, organizzare e
ordinare. Confrontarsi con l’apprendimento
diffuso nella comunità e sul territorio e non più racchiuso entro le mura scolastiche.
Funzionano le lean organization e il
magico potere del riordino: alleggerirsi, andare all’essenziale, gettare via le
cose inutili, conservare in archivio solo quelle che ci connettono con una
storia autentica, classificando e dando i giusti nomi, come dovremmo fare - del
resto - con i file e le cartelle dei nostri computer. E poi i contenuti delle discipline come ci ha
insegnato Gardner, vanno asciugati, per privilegiare la profondità
all’estensione, l’esperienza forte di una conoscenza, piuttosto che la superficialità
della toccata e fuga. Harari ci esorta: “corri veloce, non portare troppi bagagli con te. Lascia alle
spalle tutte le tue illusioni. Sono molto pesanti”. Ecco che – riflettiamoci - l’idea di togliere
lo zaino non è poi così peregrina. Togliere lo zaino e mettere ordine nella vita potrebbero
essere le scelte vincenti!
Dare senso alle conoscenze, filtrare le informazioni, come giustamente dici, può avvenire solo in una crescita all'interno di una comunità (dove si progetta, si hanno aspirazioni, si vivono sentimenti e valori di umanità).
RispondiEliminaPer attuare una trasformazione verso questa visione, è necessario che chi opera nel campo educativo elabori proposte per la politica, affinchè il sistema cominci a trasformarsi.
Questi alcuni punti per la trasformazione:
- Rinnovare le istituzioni locali, alle quali sia attribuito, per statuto, il dovere educativo verso i giovani.
- Accrescere le opportunità di studio in autonomia dello studente
- incoraggiare le istituzioni a coinvolgere gli studenti in impegni con valore civico, che facciano sentire ciascuno parte di una comunità e con un ruolo riconosciuto da tutti (una forma di generalizzazione del 'service learning')
- Accrescere le opportunità di scambio di scuole, così che gli studenti passino un periodo in città, italiana, differente dalla propria, e dove l'arricchimento di conoscenze avvenga nella forma di incontri personali qualificati, piuttosto che nella frequentazione di lezioni in aula.
- Istituire una sorta di ufficio nazionale per la catalogazione delle fonti di didattiche video e la organizzazione di queste secondo i corsi di studio attualmente in vigore, ai vari livelli di formazione, in modo da permettere ad un docente di affidare a tali offerte la gran parte delle lezioni.
Se ne potrebbe parlare in una squadra animata da tali principi, che possa fare da riferimento per docenti, studenti, amministrazioni pubbliche e realtà culturali locali intenzionate a sperimentare in queste direzioni.