Ken Robinson

      video di Ken Robinson

LA SCUOLA CREATIVA un libro di di Ken Robinson ed. Erickson

Recensione di Marco Orsi

Consiglio a tutti e in particolare ai formatori dei formatori di Senza Zaino la lettura del testo di sir Ken Robinson La scuola creativa.  Robinson è esperto internazionale di sistemi scolastici  famoso anche per le sue cliccatissime conferenze TED (si veda su YouTube), ed è molto vicino alle idee e alla visione che abbiamo sviluppato per cui consiglio la lettura a tutti. Uno degli aspetti principali criticati dal nostro autore è relativo al processo di standardizzazione che ha il suo epicentro nelle indagini OCSE – PISA.  Incentrate sulle rilevazioni delle performance in matematica, lingua e scienze, tali rilevazioni alla fine mettono  in secondo piano tutte le altre discipline come la musica, il disegno, la storia, la geografia, l’educazione civica, l’educazione fisica, il teatro e la danza e in generale le competenze trasversali, aumentando il fossato già esistente tra questi due gruppi di materie.  Ma questa impostazione finisce per non conseguire i risultati sperati.  Nel caso degli USA molte scuole, dovendo rispondere a test simili previsti dalla legge No Child Left Behind, hanno ridotto il curricolo emarginando quest’ultimo gruppo  senza peraltro migliorare in quelle del primo.  Robinson è per un approccio globale dove spicca una formazione a tutto tondo che coinvolga l’intera personalità dello studente.

Nel caso della Finlandia, che cita, si rileva la presenza di un’offerta formativa ricca dove tutte le discipline hanno pari rilievo, dove peraltro non esiste un sistema di valutazione degli apprendimenti nazionale e tuttavia nel contempo si hanno ottimi risultati nella classifica OCSE – PISA.  È come dire che più ci si concentra sulla qualità dell’insegnamento senza  avere l’ossessione per le performance conclusive e maggiore è la possibilità di avere successo.  Robinson afferma anche una prospettiva dove ha grande spazio il riconoscimento delle differenze e la personalizzazione poiché l’intelligenza è diversificata e gli studenti  devono avere la possibilità di coltivare i propri interessi, di sviluppare le proprie doti.  Perciò è fondamentale adeguare i ritmi e gli orari delle scuole alle esigenze degli studenti e non il contrario, nonché usare forme di valutazione che aiutino nei progressi.  Per la valutazione si insiste su quella formativa che si intreccia con il processo di apprendimento e si integra nella concreta attività didattica, mettendo in secondo piano quella conclusiva o sommativa.  Porta nel merito alcuni casi di buone pratiche come ad esempio il progetto Fresh Grade  che comporta anche l’impiego di una semplice app o  quello del Learning Record.  Tutte queste iniziative  sono orientate a sviluppare forme di portfolio che coinvolgano tanto gli studenti quanto i genitori si veda la documentazione on line).  Non mancano poi indicazioni e suggestioni per i dirigenti scolastici fornite sulla base dei racconti di diversi  leader educativi responsabili di scuole importanti e che sono riusciti a creare comunità professionali unite da una vision che li impegna in realizzazioni in contesti difficili. È il caso dell’Accademia di Belle Arti di Boston la cui direttrice Anne Clark è riuscita a rilanciare partendo da un coinvolgimento effettivo degli studenti ed elaborando con gli insegnanti un curricolo fortemente interdisciplinare. Da segnalare che nel penultimo capitolo si  affronta il rapporto con i genitori e anche qui troviamo molte e casi interessanti che forniscono idee per migliorare una relazione vista da un prospettiva di risorsa indispensabile per una scuola migliore.

Robinson dichiara in definitiva come la scuola sia edificata su tre pilastri fondamentali:  il curricolo, l’insegnamento (la didattica), la valutazione.   Il punto è che c’è una assoluta attenzione sul primo e sul terzo aspetto a detrimento del secondo.  Sia le politiche nazionali che internazionali, ma anche quelle dei singoli istituti, sono coinvolte nel cercare di definire gli obiettivi, le competenze, le discipline di studio a monte e a valle nel precisare i modi di valutare i risultati.  È come se in un’azienda ci si occupasse dei piani strategici e dei risultati economici senza porre attenzione al lavoro dei dipendenti che sono alle prese tutti i giorni con i processi di produzione, che poi dovranno realizzare  quel prodotto per l’appunto elemento distintivo di quella medesima azienda.  Sembra di assistere per altri versi a quel processo di finanziarizzazione che sta colpendo le nostre società a livello planetario, per cui è la finanza non l’economia reale a contare, come non conterebbe la scuola reale.  Ma naturalmente non si tratta di cadere nel pessimismo perché ci sono tante esperienze,  come la nostra, ma anche come quelle  innumerevoli presentate nel bel libro di Robinson, che fanno ben sperare.

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