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La scuola competente

La traccia seguente costituirà il filo conduttore di un intervento alla scuola estiva di formazione della Rosa Bianca (associazione culturale e politica di ispirazione cristiana). Vedi: http://www.rosabianca.org/

Diseguaglianze
Indifferenze
MercantiLa bella politica addormentata nell’incantesimo globale

24-28 agosto 2011 – Terzolas (TN)


Focalizziamo gli oggetti prima delle idee

Noi partiamo degli oggetti che impiega la scuola e che dicono del fatto che l'apprendimento non è efficace, dunque non stimola adeguatamente le competenze. Gli oggetti della scuola non competente sono tanti. Ne faccio un elenco: la campanella, la fotocopiatrice, il banco monoposto, la cattedra, lo zaino. Gli oggetti - e qui ci si potrebbe ricollegare al filone filosofico dell'oggettivismo realista (Ferraris Searle) hanno una loro consistenza che al di là delle buone intenzioni, marcano i comportamenti, i valori, i modi di essere. Il medium è il messaggio diceva McLuhan: l'oggetto non è neutro ma ha una valore. Latour fa l'esempio della chiave d'albergo a questo proposito. Allora il banco monoposto non è un oggetto per una scuola individualistica? E la campanella non richiama la sirena della fabbrica e l'operaio - massa? Infine lo zaino - che abbiamo scelto come oggetto da eliminare - non dice che il luogo è inospitale? Può una scuola delle competenze non fare i conti con la trasformazione della "dura" oggettività che fa la scuola - a nostro parere e secondo la nostra pratica - non competente?

Lo zaino, il banco e l’ospitalità

Ancora tutto questo sistema genera la negazione del corpo come oggetto, come cosa che occupa spazio e che viene rintuzzato - come diceva Maria Montessori - nel banco. Disciplinare il corpo renderlo inoffensivo per trasmettere le discipline, dove il movimento è da testa (il docente) a testa (il discente). Il copro che serve per portare lo zaino che attrezza la scuola non attrezzata. E tuttavia il corpo - da un'altra prospettiva - il corpo nella sua globalità, è il luogo dell'apprendere e della competenza: vale tanto per i docenti quanto per gli allievi. Si apprende tramite i sensi, la vista, il tatto, l'olfatto, l'udito, il gusto. L'apprendimento è una dimensione estetica pertanto, Si apprendono cose belle (il gusto), si apprende ascoltando (l'udito) e così via. Dunque qui c'è un primo valore di SZ: l'ospitalità- La scuola competente ospita il corpo, non lo marginalizza, e realizza un'aula ospitale, dove si può fare ricerca, studiare assieme, produrre manufatti, relazioni, presentazioni, ricerche.


La campanella e la responsabilità

La campanella - ad esempio - fraziona il tempo delle discipline e le rende non comunicanti. Inoltre come stimolo pavloviano genera de - responsabilità. Ma la campanella – non a caso - serve anche per la disciplina, oltre che per le discipline: quando suona dice di rientrare in classe: “stop con la ricreazione ora si studia”. Perché in un centro di ricerca esiste la campanella? Perché noi adulti non abbiamo bisogno di campanelle e loro sì? La responsabilità è, dunque, il nostro secondo valore. L'apprendimento non è confinato a un modello pavloviano. Esso è anche presente nei modi di proporre le valutazioni e i test. Ad uno stimolo (del docente) deve corrispondere una risposta (dell'alunno che deve rispondere nel modo che vuole il docente). Alla domanda "perché stai facendo questo", lo studente risponde: “Perché me lo ha dello la maestra e il professore” e “Perché domani mi interrogano”. Dove sta allora il profondo senso della scoperta, lo studio che fa crescere, l'apprendimento significativo? L’interesse per la conoscenza del mondo e non per il buono o cattivo voto?La competenza è responsabilità, richiede una decisione e un scelta personale: "lo faccio perché la interpretazione del problema che devo risolvere, me lo chiede ed io ho un piacere ne trovare la mia soluzione impiegando i miei strumenti". Non c'è competenza senza responsabilità, senza autonomia, decisione, assunzione in prima persona di una problematicità del mondo. Ma qui sta la dimensione di autenticità dell'apprendimento: imparo perché poi ho l'opportunità di esercitare la competenza. Non possiamo immaginare la scuola come il luogo di una Big Wait! Le presentazioni, il mostrare i prodotti sono poi - come diceva Gardner - un toccasana per l'approntamento delle competenze. Oggettualmente allora la scuola non può essere strutturata con i banchi in fila e la cattedra:
privando del corpo suo respiro estetico e togliendo il movimento del fare, del decidere, dell'essere responsabili, del costruire, del ricercare come in un laboratorio del CNR. Così svuotiamo la scuola delle competenze.


La cattedra, la tribuna, la comunità

Infine la comunità. La comunità di pratiche, non solo di idee. Ciò vuol dire che si apprende nella relazione - come dice il filone dell'apprendimento situato e dell'apprendistato cognitivo. Non solo un movimento di interiorizzazione, individuale, ma sociale, di comunità. Pensiamo al modello dell'artigiano, proposta con tanta forza da Richard Sennett. Un modello non astratto (il filone dell’apprendistato cognitivo che pur ci ispira dimentica gli oggetti e lo spazio), ma concreto che si vede. Entro in un aula che assomiglia ad una bottega, ad un laboratorio: non cattedre e file di banchi, ma are di lavor. Non docenti che costantemente parlano, ma maestri artigiani che spiegano, mostrano, affiancano, fanno fare in autonomia, sanno stare sugli spalti, in tribuna, come accade per l’allenatore di rugby. Appunto in un altro spazio, marcando distanza e chiedendo autonomia. Le scuole competenti sono scuole dove esiste la comunità professionale come comunità di pratiche e che hanno un luogo dove i docenti si ritrovano, discutono, bevono un caffè, progettano, mangiano, valutano, trovano un computer e hanno una libreria con riviste e documenti a portata di mano. Nella scuola non competente cognizione e relazione sono divisi, comportamento e apprendimento separati: anche in un oggetto come la pagella (il documento di valutazione). Una scuola dove il corpo è semplicemente “educazione motoria" e le arti, che sviluppano la dimensione estetica, cioè il fondamento dell'apprendere, marginalizzate. Dove sono la musica, la pittura, il teatro, la scultura, la lavorazione del ferro e del legno, la tessitura, la cucina? Eppure l'Italia - fuori dalla scuola - eccelle ed è stata eccelsa in quelle arti con uomini fuori dal comune, con le botteghe artigiane sin dal medioevo, con Stradivari e Puccini, Artusi e Muti, Goldoni e Leonardo. Ma anche con la miriade di piccole iniziative dei nostri contemporanei artigiani e piccoli imprenditori che creano, inventano, tramandano. Perché non portare dentro la scuola, l’Italia? Vale adire tutta questa competenza? Perché vedere contrapposto l'insegnamento dell'italiano al teatro o la musica alla matematica, la storia e il dipingere?

Nella nostra esperienza partiamo dagli oggetti, vogliamo andare oltre la volatilità delle idee e dei bei discorsi, vogliamo essere pratici, cambiare l’assetto, il setting e il layout. E’ quello che definiamo un Approccio Globale al Curricolo appunto l’oggettualità e la soggettualità, gli artefatti materiali e quelli immateriali che sono solidalmente legati. Un diverso punto di vista per mettere in pratica una scuola diversa, un scuola delle competenze, per l'appunto.

Marco ORSI

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